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Il "Provolone del monaco"

 

Il "Provolone del Monaco"  D.O.P.

 

Il Provolone del Monaco D.O.P somiglia nella forma ad un melone leggermente allungato oppure ad una pera senza testina; pesa da un minimo di 2,5 ad un massimo di 8 chilogrammi. La crosta appare liscia, sottile, di colore variabile dal paglierino tenue al marrone. La pasta è compatta, morbida, di colore bianco crema, con piccole occhiature (a occhio di pernice). Il sapore, secondo la stagionatura, può essere dolce, semipiccante o piccante.

Il particolarissimo suo aroma è conferito dalle essenze delle varie erbe locali che rappresentano una buona parte dell'alimentazione delle bovine al pascolo libero sul Monte Comune. Il Provolone del Monaco può essere degustato con 'pane casereccio biscottato', noci di Sorrento e vino rosso corposo, tanto più invecchiato quanto più stagionato è il provolone.

 

 

Originario della Penisola Sorrentina, questo formaggio è citato in pubblicazioni meridionali vecchissime, in atti legali e in documentazioni varie risalenti a quattro secoli or sono. Molti sostengono che il suo nome derivi dal fatto che esso veniva prodotto in un convento da qualche “monaco casaro… altri, invece, che i casari che sbarcavano all'alba nel porto di Napoli, con il loro carico di provoloni provenienti dalle varie località della penisola sorrentina, per proteggersi dal freddo e dall'umidità, erano soliti coprirsi con un mantello di tela di sacco, che era simile al saio indossato dai monaci.

 La sua bontà è nella sua storia, frutto delle varie esperienze di artigiani locali, basti pensare che ancora oggi, per conservare la tradizione, la sua lavorazione è rigorosamente manuale. A caratterizzarne il gusto tipico è la scelta del latte: esso deve essere prodotto da capi selezionati, che si nutrono prettamente con erbe aromatiche (timo, rosmarino, origano di montagna…) in gran parte raccolte dalle stesse colline del Sorrento.

Questo formaggio è ottenuto dalla lavorazione del latte crudo di ogni singola mungitura o al massimo di due mungiture successive. Il metodo tradizionale prevede l'impiego di caglio di capretto. Dalla coagulazione del latte crudo, si ottiene la cagliata, che viene rotta fino alla dimensione di piccoli grani, impiegando un utensile di legno denominato "Sassa", dopodichè si passa alle operazioni successive di scottatura e filatura. La filatura è alquanto laboriosa, in alcuni casi, per attorcigliare la cagliata, è richiesto l'intervento di due persone.
Quando la pasta ha raggiunto la consistenza desiderata, si effettua la formatura che può essere a pera, o a cilindro. Segue la salamoia, l'asciugatura e la stagionatura che viene effettuata in cantine per un periodo che oscilla da 3 a 24 mesi . Il pascolo dei Monti Lattari e gli ambienti di stagionatura conferiscono a questi formaggi degli aromi unici che vengono esaltati dalla lunghezza della stagionatura.

 

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